House of Leaves: il libro più terrificante del mondo

House of Leaves

Al giorno d’oggi i media audiovisivi hanno relegato la lettura di un libro cartaceo tradizionale a un’attività quasi obsoleta e considerata superata da molte persone, soprattutto appartenenti alle nuove generazioni. Videogiochi interattivi con storie e finali diversi, canali Youtube, serie TV e film che creano grandi saghe decennali, social media che sono sempre più rapidi e frenetici – non tanto per venire incontro a una presunta mancanza d’attenzione ma, verrebbe da pensare, quasi per provocarla – come TikTok, l’interazione diretta con i creatori di contenuti (dai blog ai live su Youtube, Facebook e soprattutto Twitch)… Tutti questi elementi rendono la lettura “passiva” di una storia fissa e sempre uguale, creata da qualcuno di distante e irraggiungibile in tempo reale, come qualcosa di apparentemente vetusto, l’equivalente di una torcia di fronte allo show laser di un concerto rock o trap.

C’è chi, però, comprende che la narrativa stampata ha caratteristiche uniche difficilmente traducibili in altri media. In effetti, ogni “medium” di per sé ha caratteristiche uniche e intraducibili: questa è la tesi primaria di Alan Moore nella sua polemica rispetto alle “riduzioni cinematografiche” dei suoi lavori. Un’opera come Watchmen è stata pensata specificamente come fumetto e ha senso in pieno solo e unicamente se esperita tramite quel mezzo artistico ed espressivo. E la stessa cosa, ovviamente, si può dire di tutti gli esempi fatti sopra. Per qualche motivo, però, esiste in molti l’implicita convinzione che sia possibile tradurre un romanzo in film, che tale “adattamento” abbia pienamente senso, sebbene sia sotto gli occhi di tutti quanto generalmente vada tagliato e semplificato, in una storia, per permettere al regista di portarla sul grande schermo.

Un classico esempio è la trilogia de Il Signore degli Anelli di Peter Jackson che, per quanto abbia fatto un’opera incredibilmente accurata nel ritratto di scene, personaggi e dialoghi, atmosfera, trama e situazioni (con alcune “libertà”, soprattutto nella seconda parte), rimane un trittico cinematografico estremamente superficiale ed epidermico se paragonato alla complessità e alla profondità mitologica e tematica del materiale originale. Questa non vuole essere una critica ma una banale constatazione di fatto: il libro non è “meglio” perché in generale i libri sono “meglio”. È proprio il fatto che è stato concepito come libro che rende la sua lettura più approfondita e interessante della visione di una riduzione o di un adattamento del materiale. La stessa cosa si potrebbe dire al contrario: le “novelization” di certi film risultano sempre meno interessanti ed entusiasmanti del film stesso, così come il fatto di portare sul grande schermo un fumetto o (che gli dei ce ne scampino) un videogioco. Ogni “medium”, se fatto con la giusta dose di perizia, ha caratteristiche intrinseche che rendono la fruizione della storia nel mezzo espressivo originale più ricca e autentica di qualsiasi trasposizione su altri canali.

Mark Z. Danielewski deve aver pensato tutto questo (o forse non ha pensato affatto a questo specifico tema) quando ha messo mano alla penna per scrivere le prime righe di quello che poi sarebbe diventato House of Leaves (“Casa di Foglie“), il libro più coinvolgente, atipico, anticonformista, incredibile e, francamente, terrificante che mi sia mai capitato di leggere in tutta la mia vita.

House of Leaves - CopertinaHouse of Leaves viene definito come facente parte di quella corrente conosciuta come “narrativa ergodica”, cioè opere letterarie che prevedono uno sforzo non solo intellettuale ma, talvolta, anche fisico da parte dell’utente. Ne consegue che non è un’opera pensata per essere facilmente fruibile ma, al contrario, la sua presentazione funge da (più o meno consapevole) selezione all’ingresso. Il libro ha una struttura a scatole cinesi non lineare e presenta un layout difficile da seguire, con note a pagine di distanza, capitoletti infilati tra le colonne di testo, ritagli, brani da leggere all’incontrario o con il libro in “verticale”, parole che ruotano attorno alla pagina, pezzi in svariate lingue differenti (che vanno tradotte dal lettore, se vuole comprendere fino in fondo il significato di alcuni capitoli o passaggi), rimandi continui, note a margine o a pie’ di pagina scritte “a mano”, codici segreti e messaggi cifrati e altro ancora. Leggere questo libro è, dunque, a tutti gli effetti un lavoro (“Ergon”).

Ma perché scrivere un’opera di questo genere?

House of Leaves è un romanzo che parla del diario di un tatuatore sull’orlo della bancarotta, il quale cerca di mettere ordine in una mole enorme di fogli sparsi che costituiscono una ricerca accademica scritta da uno studioso cieco recentemente trovato morto nel suo appartamento… Ricerca che si concentra su un film (un documentario, anche se forse dovremmo definirlo “mockumentary”) che commenta una serie di filmati in stile “found footage” ritrovati tempo prima (The Navidson Record)… I quali a loro volta raccontano la storia di una coppia in crisi con due figli che si trasferisce in una casa nuova, casa che sembra avere proprietà inquietanti e fisicamente impossibili. Per non farci mancare niente, questo film, nella realtà fittizia del protagonista, apparentemente nemmeno esiste.
Solo questa impalcatura prevede almeno quattro o cinque “layer” narrativi da seguire contemporaneamente, che spesso si intrecciano e attirano il “focus” d’attenzione mentre l’autore passa con nonchalance da un registro all’altro… E a tutto ciò spesso si aggiungono “commenti” al testo scritti in caratteri “handwriting” a margine, commenti di cui talvolta non conosciamo nemmeno l’autore.

House of Leaves

La struttura narrativa stessa, la “forma” del libro, rende la trasposizione su altri media pressoché impossibile. Ma non è finita qui: non solo il romanzo è intraducibile in termini di serie televisive o di cinema (sebbene prima o poi ci tenteranno lo stesso di sicuro), ma è anche intraducibile a livello linguistico. Il fatto che alcuni capitoli contengano non meno di tre livelli di giochi di parole, codici segreti nascosti nel testo, cifrari e messaggi che il lettore deve ricostruire (ad esempio, prendendo solo le iniziali delle parole di un certo paragrafo) rendono l’impresa di tradurre House of Leaves a tutti gli effetti impossibile. Qualsiasi tentativo di traduzione porterà inevitabilmente alla necessità di “tagliare” parte di questi contenuti aggiuntivi e nascosti che non sono esplicitamente parte del testo ma, in qualche modo, sono contenuti in esso “tra le righe” o in modo implicito e occulto. Come se il libro contenesse altri libri che vanno al di là delle parole fisicamente stampate sulla carta.

E vista la natura “ergodica” del layout delle pagine e di questi continui rimandi, la possibilità di leggerlo in formato elettronico (soprattutto in ebook – sebbene anche un eventuale pdf risulterebbe molto tedioso) è altrettanto improbabile. House of Leaves non è un libro che si può tradurre in altri media, che si può digitalizzare e leggere sul Kindle, che si può (in modo convincente e completo) tradurre in altre lingue, né è possibile farne un audiolibro. L’autore ha realizzato volontariamente e consciamente un’opera che si può esperire correttamente solo e unicamente in un modo: leggendolo in lingua originale con una copia cartacea. Qualsiasi altro metodo risulta monco e zoppo per non dire fisicamente impossibile.

House of Leaves - Pagine

Al di là dei contenuti del libro (e della storia terrificante che racconta), questa caratteristica unica lo rende una dimostrazione pratica della peculiarità di ogni “medium” nonché della rilevanza che ancora oggi, in quest’epoca di formati digitali e di contenuti sempre più estemporanei, può avere un romanzo stampato e distribuito in formato cartaceo. Di quanto “l’oggetto libro” non sia semplicemente “un modo” per esperire una storia ma abbia proprietà impossibili da trasferire altrove.

Non entro nel merito della storia perché non voglio rovinare la sorpresa a nessuno né fare spoiler (più di quanto abbia già fatto). Mi limito a dire che le pagine sono come le classiche molliche di pane da seguire dentro un bosco fatto di altri boschi tetradimensionali, una storia che non si limita ad andare dal “prima” al “dopo” in modo lineare ma si sviluppa anche “lateralmente”, verso l’alto e – soprattutto – verso il basso. Se Borges, King, Lovecraft, Ligotti e Barker avessero avuto una lunga discussione – da ubriachi – su come scrivere insieme “l’horror definitivo”, probabilmente avrebbero messo giù le idee e la trama di un libro simile a questo.

Per quanto mi riguarda, ci sono alcune opere che definiscono la nostra vita tra un “prima” e un “dopo”. The Ring e The Blair Witch Project, almeno per me, sono certamente state opere di questo tipo… film che hanno diviso nettamente la mia esperienza visiva tra il “prima” e il “dopo” averli visti. House of Leaves è un libro così: la vostra vita verrà decisamente divisa tra gli anni che avete vissuto senza averlo letto e gli anni che sono passati da quando siete entrati in quella casa.
Come nota a margine, però… Parlando di film, quello che a mio parere si avvicina di più alle atmosfere di questo libro è senza alcun dubbio Lake Mungo.

House of Leaves - Spread

L’unico modo in cui potrebbe essere possibile tradurre efficacemente questa esperienza – mantenendo l’aspetto ergodico che è *fondamentale* per la fruizione corretta della storia – potrebbe essere tramite un ARG (“Alternate Reality Game” o “Gioco di Realtà Alternativa”)… Un gioco interattivo multimediale diviso su molte piattaforme in cui lo “spettatore” deve agire attivamente per tirare le fila delle varie trame e comprendere il significato generale della storia che gli viene raccontata. Una storia che dovrebbe svilupparsi tra pubblicazioni cartacee da riuscire a procurarsi, canali Youtube, dirette su Twitch, account TikTok, blog dedicati, pagine e account personali su Facebook, interazione tramite software di messaggeria instantanea (Discord, Telegram, Signal), invio di materiale (audio, video, foto, documenti), e molto altro ancora.
Solo allora, forse, sarebbe possibile vivere un’esperienza simile a quella che vi aspetta tra le pagine di House of Leaves.
E tutto quello per sostituire un semplice libro.
Questo è il tipo di intricato viaggio infuso tra le righe dell’opera.

E non è un caso che proprio House of Leaves sia stato palesemente lo spunto di ispirazione per alcuni dei primi ARG in assoluto comparsi su Youtube (uno tra tutti, Marble Hornets). Non è un caso che questo libro venga citato più di ogni altro quando si parla di nuove forme di narrativa non convenzionale, interattiva e multimediale. Vorrei ripetermi per far comprendere bene quanto sto cercando di dire: un libro stampato in formato cartaceo è stato l’ispirazione per la creazione e la nascita di nuove forme di intrattenimento interattivo digitale sulla rete. Questa è la potenza che la carta stampata può ancora avere nel 2021 (beh, almeno nel 2000, anno di uscita del romanzo).

Quindi, come consiglio personale, procuratevi una copia fisica di House of Leaves in lingua originale e leggetelo. Leggetelo prendendovi il vostro tempo… ci sono capitoli o addirittura singole pagine su cui può valer la pena rimanere per giorni o anche settimane. E se, arrivati alla fine, pensate di non aver colto tutti i significati nascosti e i diversi livelli di lettura che Danielewski ha infilato nella storia, non preoccupatevi: la rete è piena di analisi estremamente approfondite di ogni singolo dettaglio del libro. Ma, se posso dare un secondo consiglio, andate a consultarle solo *dopo* aver letto tutto e aver fatto voi il “lavoro” di cercare di decifrare gli enigmatici contenuti della storia con le vostre sole forze.

E comunque. L’ho detto che è un libro assolutamente terrificante?

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I Dossier del Mistero

I Dossier del Mistero

Che è successo all’Uomo di Somerton? E agli escursionisti del Passo di Dyatlov? Chi è Slenderman? Chi scriveva le lettere di Circleville? E cosa è accaduto a Netta Fornario? Questi sono i primi cinque casi irrisolti e inspiegati che trattiamo ne “I Dossier del Mistero”, un nuovo podcast curato dal sottoscritto ed Elena Parretti, prodotto da Storylands Factory e distribuito in esclusiva da Storytel. Potrete ascoltarlo a questo indirizzo.

Storytel è un servizio che prevede la registrazione e offre 15 giorni di prova gratuita (successivamente, il costo è di 14,90€ al mese): oltre al nostro podcast troverete molti altri prodotti interessanti. Queste cinque puntate sono la prima stagione della trasmissione, realizzata con tutti i crismi drammaturgici di un vecchio radiodramma, e presto vedranno la luce nuove puntate e nuovi misteri.

Il sottoscritto in studio

Nota: per quelli di voi che hanno visto alcune delle mie foto in studio di registrazione in questi ultimi mesi e che si sono chiesti quando cominciassi a parlare durante le puntate de “I Dossier del Mistero”, devo deludervi! Non è questo il podcast a cui sto lavorando personalmente: si tratta, invece, di un’altra trasmissione che pubblicheremo nelle prossime settimane e che si occuperà di magia, esoterismo e occulto. Anch’essa è realizzata con Elena Parretti e Storylands Factory e verrà distribuita gratuitamente su tutte le principali piattaforme. Sono quindi, due podcast differenti! Vista la confusione che le mie foto hanno provocato ci tenevo a fare questa precisazione.

Yuri Abietti ed Elena Parretti

“I Dossier del Mistero” ha una storia alquanto lunga e travagliata: nato da un’idea di Elena Parretti durante le nostre lunghe conversazioni in merito a questi argomenti affascinanti e inquietanti, è rimasto in fase di preparazione e produzione a lungo tempo. Io mi sono occupato di raccogliere tutti i dati riguardanti i casi e di scrivere i testi, Elena di correggerli e adattarli a livello drammaturgico per trasformarli in autentici radiodrammi! Infine, Storylands Factory ha realizzato il programma con attori professionisti, una colonna sonora originale, effetti sonori e tutti gli aspetti di una post-produzione professionale. Francamente, dubito che potrete ascoltare qualcosa di simile nel panorama dei podcast italiani.
Spero che vorrete andare a farci un giro e ascoltarlo! Se gli episodi sono di vostro gradimento, vi prego di condividere il podcast con tutti i vostri contatti e aiutarci a far crescere il programma, permettendoci così di realizzare nuove puntate e trattare altri casi. Naturalmente, se avete suggerimenti in merito, sapete dove trovarmi…

Buon ascolto, dunque! E a presto!

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Tributo

Da uno status sul mio profilo di Facebook, 14 aprile 2019.
Tributo a uno Spirito.

La Tenda nel Deserto

Sono nel deserto ed è sera. Non fa freddo, ma c’è un po’ di vento che porta profumi di spezie e qualche brivido frizzante sulla pelle. Cammino sulle dune, affondando i piedi nudi. È una sensazione molto bella, come una spiaggia fresca prima dell’alba.

L’atmosfera è blu elettrico, le stelle sono fari accesi e trapuntano il cielo da orizzonte a orizzonte. Sembra un film, quelli in cui mettono un filtro per simulare un’atmosfera notturna. O forse no. Sembra più un dipinto impressionista, una visione che amplifica i sensi.
Supero un Wadi dove scorre un rigagnolo d’acqua. Attorno sono subito sbocciati fiori profumati. In lontananza sento un canto che assomiglia alla preghiera di un Muezzin, ma la lingua non sembra arabo.

C’è una luce, là dove le dune si incontrano a formare un profilo sinuoso e femminile che si staglia contro la luminosità bluastra del cielo. Mi avvicino. Mi sento calmo, centrato, tranquillo. Il rumore del piccolo torrente mi rimane nelle orecchie anche dopo che me ne sono allontanato e si mischia con il canto. L’acqua corrente sul letto sabbioso del Wadi sembra pronunciare le stesse parole del misterioso cantore.

La luce si fa più vicina e intensa. È una tenda, ampia e colorata di blu, azzurro, viola. È riccamente decorata e aperta nella mia direzione. Alcune parti sventolano e appese ovunque ci sono piccole lanterne di legno traforato. Accanto alla tenda, un dromedario sta dormendo placido e alza la testa girandosi a guardarmi con i suoi grandi occhi dolci. Il rumore dei miei passi, il torrente, la voce distante, le pieghe della tenda che sventolano, un tintinnio di campanelle. Profumo di resine che bruciano su bracieri di metallo, spezie esotiche, fiori selvatici.

Vado ad accarezzare il dromedario. Anche nelle visioni non riesco a resistere: devo andare a molestare con le mie coccole ogni animale che vedo. Lui sembra gradire e sporge il collo, chiudendo gli occhi. Dentro la tenda sento un altro tintinnio, come di posate o bicchieri. Mi alzo ed entro nel piccolo padiglione colorato.

L’interno è quasi interamente coperto di cuscini morbidi di fattura mediorientale. Alcuni squadrati, altri di forma cilindrica, altri ancora tondi e alti. Al lato opposto della tenda rispetto all’entrata c’è un uomo, seduto a gambe incrociate. Tra me e lui un vassoio di metallo con una teiera e due tazze di vetro.
L’uomo è alto e ha un aspetto nobile e fiero. È chiaramente un maschio, ma ha dei tratti quasi femminei. La carnagione è olivastra, gli occhi chiari sottolineati da una linea di matita nera, le labbra carnose, le dita lunghe. È vestito con pantaloni morbidi e una camicia aperta sul petto, entrambi scuri. Sopra porta una specie di casacca blu intenso. Ha in testa una Kefiah assicurata da una coroncina d’argento. L’uomo prende la teiera e versa il liquido ambrato nelle due tazze. La posa e si porta una tazza alla bocca, sorseggiando un tè che ha diffuso nell’aria della tenda un aroma di agrumi, assenzio e menta.

Paimon

Mi siedo di fronte a lui, senza dire una parola. Prendo l’altra tazza e bevo l’infuso. Ci guardiamo. Il suo sguardo è sereno. Ha una luce di potere negli occhi. Sopra il suo capo c’è un’aura luminosa. Mi sento protetto, accettato. Chiudo gli occhi e gusto il tè in silenzio, nella tenda di questo nobile signore. Quando li riapro, anche gli occhi del mio corpo fisico tornano ad aprirsi. Sono alla mia scrivania, davanti a me il portatile su cui sta girando un video di Youtube con il sigillo di Paimon a pieno schermo e il suo Enn recitato da una voce femminile.

Spengo la candela blu che avevo acceso in offerta. Penso che come primo contatto non è stato niente male.
Niente male davvero.

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Il Mondo

Il Mondo

Il gesso spezzato traccia linee irregolari sull’asfalto rovente di un’estate appena iniziata e già antica, là dove la periferia della tua vita incontra le spaventose baraccopoli dei sensi di colpa, tra campi di sterpaglie coltivati a rimpianti e case diroccate con finestre che ridono. Sei sulla casella con scritto dentro un grande “1” storto, i piedi chiusi dentro le All Star, come fossero un’armatura contro le forze del male, uniti al centro, e tutta la concentrazione sul primo obiettivo, il primo salto, quello più difficile, quello che fa più paura. Le dita della mano sinistra si muovono a formare un segno cabalistico che credi ti assicurerà un sicuro atterraggio e che, invece, è la certezza di una storta stortura, di una sublussazione del tuo karma che viene depositato sul “10” da un portantino accaldato che puzza di sudore, birra rancida, vomito e piscio. Non importa, l’unica cosa che importa è quel “2”, quel salto, quell’impresa che ossessiona ogni fibra del tuo midollo allungato, tutti i Chakra concentrati a ruotare nella stessa direzione e a guidarti verso il burrone con l’entusiasmo di Wile e. Coyote.

E io ti guardo, i denti che stridono, i sogni che si interrompono, i risvegli bruschi su lenzuola solitarie che diventano sindoni.

Salti.
Non sei tanto tu che ti muovi, è più il marciapiede che si allontana e si riavvicina, come se l’universo fosse un filmato in prima persona caricato su Youtube, come se tutta la tua anima fosse ripresa da una GoPro appesa al Terzo Occhio.
E atterri.
Non sei tanto tu che sei crollata su malleoli insicuri e muscoli che hanno imparato lezioni sbagliate, è più il cielo che ti ha rifiutata e buttata giù con un soffio indifferente verso l’oblio, una delle tante zanzare di quest’afa che si affanna alla ricerca di un po’ di sangue da usare per creare nuovi vampiri.
Ma, insomma, dai, è già qualcosa.
Sei sul “2”, in fondo. Un passaggio obbligato, certo, ma pur sempre un passaggio.

E io ti guardo. Il cervello immerso in uno yogurt di disgusto e disappunto, delusione e nausea, lo stomaco che si irrigidisce ogni volta che sorridi e volgi lo sguardo verso di me come a dire “Visto che ce l’ho fatta?”

Ora guardi le caselle davanti a te, come se fossero Sephirot da integrare nella tua architettura animica e non il copione squallido e ripetitivo di una tragicommedia già recitata da tutti gli studenti di teatro del mondo, ognuno di loro convinto di aver apportato qualcosa di nuovo e originale a una sceneggiatura banale e scontata. Alzi lo sguardo ma sai che tanto non puoi evitare l’ordine precostituito dal tuo ventre. Filamenti di energia simili a tentacoli usciti da un racconto di Lovecraft spostano il tuo Punto d’Unione fino a che non vedi altro che distruzione e rovina, peccati ed errori, e ti lasci trasportare là dove ti vogliono i tuoi demoni. Gli pseudopodi iridescenti ti depositano sul “3” lasciandoti l’alibi illusorio di non essere tu a prendere le decisioni che hai tracciato col gesso qualche secolo prima. L’uovo si è rotto come Humpty Dumpty che arriva tardi a pranzo.

E io ti guardo. Chi sono? Semplicemente un giardiniere impegnato a tagliare il prato. Lo si può facilmente capire da come mi muovo.

Così ti volti a cercare con lo sguardo il “4” ma pare che non sia più dove lo hai disegnato. Qualcuno forse lo ha spostato, ti ha ingannato, mentito, tradito, manipolato, illuso e disilluso, usato, plagiato, bandito come uno Spirito dal Triangolo o dal Quadrato, dai metri quadrati dentro cui hai confinato la tua vita, i metri cubi di una cella frigorifera in cui conservi fedelmente e con tanto amore finto tutte le ragioni per cui non sarai mai all’altezza di un amore vero. Ah, no, eccolo là. Il numero sembra il Sigillo di Giove (o di Saturno, al contrario) ma in realtà è solo una virgola senza senso, l’illusione di un disegno intelligente tracciato da un dio psicotico e demente. Ma non l’avevi tracciato tu? Non ricordi, che importanza ha? Non c’è scelta, devi raggiungere quella casella e ti ci trovi sopra come se avessi ricevuto una spinta forte all’inguine, come se fosse la battuta finale di un Limerick che non puoi più evitare di declamare in un Open Mic anche se il locale è vuoto e il barman sta già pulendo per terra con lo straccio. Guardi in basso e vedi il tuo sangue sacro scorrere in rivoli e torrenti, fiumi e cascate e raccogliersi in pozze e laghi neri e scuri dove la Lamia ti attende ghignando.

E io ti guardo. E penso che là c’è un po’ anche del mio sangue, come se avessi strizzato il mio corpo nel vano tentativo di asciugarmi lacrime d’acciaio.

E ora ti guardi attorno e vedi quel “5” lì davanti che, per qualche strana ragione, sembra tanto l’Uno da cui sei partita. Anzi, voltandoti vedi che le due caselle sembrano essersi scambiate di posto. Che razza di gioco è quello in cui ogni dieci secondi divinità dedite all’uso di sostanze psicotrope e all’abuso di alcol cambiano le regole tirando dadi a facce dispari su tavoli da gioco Ikea sui quali galassie si eclissano e buchi neri mangiano l’impiallacciato? Di fronte a te, laggiù, lontano, oltre nebbie impenetrabili, rischi indicibili e traversie innumerevoli, vedi che esseri dalla testa di cane ed elefante depositano altre casse di Karma e si divertono a disporle in modo da formare un fortino. Bambini ci giocano dentro, si tirano frecce con la punta a ventosa e ridono tra prati fioriti disegnati a pennarello dove sfarfallano riflessi di pezzi di specchi che ti fanno la gibigianna. Cosa c’è là che ti sfugge? È come se un ricordo, forse il più semplice mai esistito nella storia dei ricordi, fosse appena oltre la portata dei tuoi occhi, saldamente aperti e asciutti, roventi come l’asfalto sotto le suole delle scarpe. Torni sull’Uno. Così, almeno, ti pare di aver fatto. È la prima vera decisione conscia che compi da quando hai intrapreso questo gioco. Così almeno, ti sembra che sia.
Naturalmente, è un’illusione. È il tentativo di bagnarti per due volte nello stesso fiume, di respirare due volte la stessa aria, di giocare due volte la stessa partita. Sei disposta a barare per questo, vero? Ma non si può barare con il Tempo, perché il Tempo è galantuomo.
Lui non ti inganna ma non lo si può ingannare.
Lui va piano, ma non lo si può fermare.

Tarocchi

Non ti resta che dare tempo al tempo e ballare (saltare) a ritmo, come fanno tutti. Come facciamo tutti. Come la xilografia di una Totentanz (Sono io la Morte e porto Corona). Prendiamoci per mano e facciamo una Catena con cui legarci al Diavolo e firmiamo il patto per non sentire mai ciò che arriva nella Mano Sinistra.

E io ti guardo, persa nella Casa degli Specchi di un Luna Park degno di Stephen King. Ti guardo e chiudo gli occhi per poter continuare a vederti, come l’aedo che si accecò per rimaner nel sogno, tra un occhio azzurro che capisce la lezione e un occhio blu che maledice gli Dei.

E le altre caselle attendono, inesorabili, prive di compassione, pietà o amore. Prive di qualsiasi emozione, come uno Xenomorfo dietro l’angolo, la cui purezza va ammirata a distanza. E ti sussurrano “Io sono ineluttabile”. Ti sembra di sentire uno schiocco di dita lontano e metà della tua vita si trasforma in polvere, e non ci sono super-eroi chiusi in armature rosse e dorate a salvarti. L’unica ancora chiusa nell’armatura sei tu. Ed è un’armatura fatta di linee di gesso storte tracciate con mano insicura su un asfalto rovente di un’estate appena iniziata e già antica.

E io ti guardo, fermo sul “10”.

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Nuova antologia lovecraftiana

L'Orrore di LovecraftLa redazione del Circolo Culturale Esescifi ha finalmente fatto uscire “L’Orrore di Lovecraft”, la nuova antologia dedicata alla narrativa del Solitario di Providence creata in contemporanea con la nuova edizione del concorso “Esecranda”. La raccolta è disponibile in tre edizioni: la versione “standard” cartacea, l’edizione “deluxe” cartacea (divisa in due volumi) e in ebook. Al suo interno troverete il mio racconto “Il Tempio” (nell’edizione standard, ebook e nel secondo volume di quella deluxe). Ecco tutti i link per l’acquisto: il libro verrà anche inserito nella lista di tutti i miei lavori nell’apposita pagina qui sul sito.

È il regalo di Natale perfetto per gli amanti dell’horror e del Maestro, soprattutto nell’edizione deluxe che sembra essere particolarmente curata e adatta ai collezionisti! L’ebook costa 2,99€, i due volumi dell’edizione di lusso costano 29,90€ l’uno mentre l’edizione “standard” costa 21,90€.
Buona lettura e buone feste!

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Degyr Feredrin – Le Battaglie del Nord

Le Battaglie del NordTempo fa, in seguito alla visione dell’esalogia di Peter Jackson completa, in versione “estesa”, mi sono trovato a rimuginare sulle battaglie combattute tra Sauron e i Popoli liberi nello “scacchiere settentrionale” della Terra di Mezzo. Inizialmente le ricerche condotte erano a puro titolo di curiosità personale ma col passare del tempo e con la raccolta di informazioni mi sono reso conto che tale “topic” avrebbe potuto essere interessante per un piccolo trattato. Non ho trovato da nessuna parte, infatti, un articolo o un libro che si sia occupato specificamente di questo argomento, raccogliendo in un’unica opera tutti i dati riguardanti gli scontri del Bosco d’Oro, del Reame Boscoso, di Dale ed Erebor… Eppure sono eventi strategicamente importanti per le forze in campo durante la Guerra dell’Anello. Ho deciso, quindi, di scrivere io un piccolo saggio in merito, ampliando la “collana” informale che ha già visto Cthulhu e Slenderman come protagonisti.

Il risultato è questo Degyr Feredrin (“Le Battaglie del Nord” in Sindarin), un ebook pubblicato su Amazon per Kindle in cui troverete la mia personale ricostruzione dei conflitti settentrionali della Guerra nonché un “riassunto delle puntate precedenti” che mostra come si sia arrivati a tale scontro, un “profilo” del personaggio di Sauron, principale antagonista della Seconda e Terza Era del mondo, nonché un’analisi delle forze in campo alla vigilia dello scoppio del conflitto. Nel libro analizzo le battaglie di Cair Andros, Lothlórien, Bosco Atro, Dale e Dol Guldur, con accenni estesi agli scontri sui Guadi dell’Isen, Osgiliath e alla battaglia finale di Lungacque, che viene considerata la fine ufficiale della Guerra dell’Anello.

Il link all’acquisto è questo, mentre qui potrete raggiungere la pagina con l’elenco di tutti i miei libri. Buona lettura!

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Video sul canale!

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“A Primer” v2.0

A Primer v. 2.0

L’amico e musicista pgcd ha appena fatto uscire la sua “versione 2.0” di “A Primer”, il suo disco sulla Chaos Magick che vi invito caldamente ad ascoltare e acquistare. Il link lo trovate a questo indirizzo!

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Facebook repost: “A forza di correre”

Milano

Che a forza di correre si vede tutto sfumato sullo sfondo, come un filmato proiettato su un telo tirato male. Che a forza di darti per scontata si pensa sempre a quanto siano belli gli altri posti e non si alza mai lo sguardo verso le tue terrazze fiorite, i tuoi tetti, i tuoi palazzi neogotici, i tuoi rami spogli che si protendono in un romantico cielo plumbeo al tramonto. Che a stare a sentire chi non ti vive è tutto grigio e nebbia, freddezza e distacco, e viene un po’ da ridere insieme ai tuoi cortili verdi, ai tuoi androni avvolti in un manto di chiaroscuro dove amanti ubriachi si baciano, ai tuoi pali della luce che lanciano aloni sul selciato come i riflettori di un vecchio teatro. Che noi che stiamo qui siamo abituati a tener un po’ nascosto questo orgoglio, questo amore, che sembra che diamo fastidio a quelli che vivono altrove, e invece dovremmo tenercela negli occhi, Milano. Nel cuore profondo, che, come dice il proverbio, teniamo nella mano con cui si offre un bicchiere di vino a uno sconosciuto, un abbraccio a un bambino, una coccola a un cane per strada. Che tu, alla fine, guardi e sorridi scuotendo leggermente la testa e fai spallucce e continui a essere bellissima e a chiederci di correre di meno, di fermarci un attimo, a chiudere gli occhi e sentirci fortunati. La mia città.

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Trasparenza: i risultati

Ed ecco i risultati della promozione natalizia:

Mi fa molto piacere vedere che Ritorno a Oniria è stato quello più scaricato, essendo il mio ultimo lavoro e l’unico autenticamente di narrativa fantastica dell’elenco, nonché il primo di una serie che spero di continuare presto. Nelle prossime settimane vedremo quanto la promozione ha portato di buono in termini di “ritorno di investimento”: recensioni, vendite di nuove copie, condivisioni sui social, copertura da parte di blog o pagine FB, eccetera. Il posizionamento in classifica degli ebook è chiaramente salito – almeno nelle sezioni gratuite – ma questo non necessariamente porta a un aumento sostanziale della visibilità. In ogni caso, ringrazio tutti coloro che hanno deciso di aderire e, come già detto, spero che vorrete leggere questi libri e recensirli su Amazon.

P.S.
Forse alcuni di voi l’hanno già notato e altri magari no, ma ho aperto un secondo blog che potete andare a leggere a questo link.

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